Google dedica il suo doodle a Nicolaus Steno
Google dedica a Niels Stensen (noto in latino come Nicolaus Steno e italianizzato in Niccolò o Nicola Stenone) il doodle del 11-01-2012.
Nato a Copenaghen il 10 gennaio del 1638, qui studiò medicina avendo come precettore il celebre Thomas Bartholin. Negli anni successivi lo troviamo ad Amsterdam (dove scoprì il dotto principale della ghiandola parotide, o “dotto di Stenone”) e a Leida dove ebbe come maestri grandi anatomici quali Franciscus Sylvius. Dopo la laurea in medicina nel 1664, Stenone si trasferiva a Parigi, ospite di Melchisédech Thévenot, noto mecenate attorno al quale si riunivano alcuni dei più grandi nomi della scienza del tempo. Nel 1666 si trasferiva a Firenze presso la corte del Granduca di Toscana, Ferdinando II de’ Medici. La corte dei Medici era allora il punto di incontro di alcuni dei più importanti scienziati del tempo tra cui Vincenzo Viviani, Francesco Redi, Lorenzo Magalotti e Marcello Malpighi. Fu soprattutto con Viviani e Redi che Stenone strinse profondi rapporti di amicizia. È in Toscana (Firenze ma anche Pisa, Livorno, Carrara, Volterra, isola d’Elba) che Stenone, oltre a proseguire gli studi anatomici, rivolse il suo interesse anche alla geologia e mineralogia. A Livorno lo commosse la processione del Corpus Domini nel giugno del 1667; fu poi a Firenze che Stenone, di fede luterana, si convertì al cattolicesimo nel novembre dello stesso anno. Sempre a Firenze diede alle stampe, nel 1669, il suo De solido intra solidum naturaliter contento dissertationis prodromus, che ne fa uno dei principali fondatori della moderna geologia.
Dopo un breve ritorno a Copenaghen, Stenone fu richiamato a Firenze da Ferdinando, ma al suo arrivo il Granduca era già morto. Stenone fu comunque accolto assai benignamente dal suo successore Cosimo III. Nel 1672 fu richiamato in Danimarca e nominato regio anatomico, ma vi rimase solo due anni, dopo i quali si spostò nuovamente a Firenze. Nel 1675 venne ordinato sacerdote, e nel 1677 vescovo titolare (in partibus infidelium, ossia in territorio di infedeli) di Tiziopoli, nell’attuale Turchia, e vicario apostolico per la Scandinavia, con sede ad Hannover. Come scrive Gould nell’opera citata in bibliografia:
I vescovi titolari “presiedono” su aree in mano ai pagani, nelle quali non possono perciò fissare la loro residenza: aree nei paesi degli infedeli, come proclama il sottotitolo latino. […] Come suo vero lavoro, piuttosto pericoloso in paesi protestanti, Stenone si occupò come vicario degli sparsi residui cattolici nella Germania settentrionale, in Norvegia e in Danimarca.
Nel 1680 si spostò ad Amburgo e nel 1685 a Schwerin, dove rinunciò alla dignità episcopale e visse come semplice sacerdote fino alla morte, avvenuta il 6 dicembre del 1686. Per volere di Cosimo III la sua salma fu trasportata a Firenze, dove è oggi sepolta nella Basilica di san Lorenzo. Niccolò Stenone è stato beatificato il 23 ottobre 1988 da Giovanni Paolo II.
La vita di Niccolò Stenone è caratterizzata dalla grande intensità prima negli studi scientifici, poi nella sua attività pastorale. La sua famosa frase “pulchra sunt quae videntur, pulchriora quae sciuntur, longe pulcherrima quae ignorantur” (belle sono le cose che si vedono, più belle quelle che si conoscono, bellissime quelle che si ignorano) potrebbe ben essere presa come esempio di giusta curiosità intellettuale, fondamento per la ricerca scientifica di tutti i tempi.
Attività scientifica
Come anatomista Stenone scoprì il dotto parotideo (dotto di Stenone); a lui spetta anche il merito della corretta interpretazione della funzione ghiandolare e della distinzione tra ghiandole secernenti e linfonodi. Dimostrò che il cuore è un muscolo, e non la fonte del calore o la sede dell’anima. Interpretò correttamente le circonvoluzioni cerebrali come sede delle funzioni cognitive superiori, ponendosi in contrasto con le allora dominanti teorie cartesiane. Scoprì la funzione delle ovaie e delle tube uterine.
In campo paleontologico Stenone si pose in un modo sostanzialmente nuovo il problema della classificazione dei fossili, e della ricostruzione della storia geologica in base al modo in cui questi, e altre rocce, sono contenuti all’interno di rocce più grandi; da questa ricerca sistematica prende il titolo il suo De solido (ossia Prodromo a una dissertazione su un solido naturalmente contenuto in un altro solido). All’inizio di quest’opera, Stenone enuncia il suo problema fondamentale:
« Data una sostanza in possesso di una certa figura, e prodotta secondo le leggi della natura, trovare nella sostanza stessa le prove che rivelino il posto e il modo della sua produzione. »
Il principio fondamentale, posto da Stenone alla base delle sue ricerche, fu quello espresso con la seguente semplice affermazione:
« Se una sostanza solida è simile sotto ogni aspetto a un’altra sostanza solida, non solo per le condizioni della sua superficie ma anche per la disposizione interna delle sue parti e particelle, essa sarà simile anche per modo e luogo della sua produzione. »
Proprio in base a questo principio Stenone interpreta correttamente la natura dei fossili come resti di animali vissuti precedentemente. Il caso rimasto più famoso è quello da cui egli era effettivamente partito, quello delle glossopetre, identificate come denti di squali[1].
Un altro principio introdotto da Stenone fu quello della formazione a stampo (così chiamato da Gould nello scritto segnalato in bibliografia). Esso stabilisce che, quando un solido naturale è racchiuso in un altro, è possibile dedurre quale dei due si sia indurito per primo osservando l’impronta dell’uno sull’altro. Si può, ad esempio, dedurre che le conchiglie fossili erano solide prima degli strati che le hanno ricoperte, poiché esse lasciarono l’impronta in questi ultimi. All’opposto, le rocce circostanti erano solide prima delle vene di calcite che corrono al loro interno, poiché esse riempiono interstizi. Sulla base di questi principi Stenone riuscì a fornire una scala cronologica relativa di una parte non indifferente di popolazione di rocce e fossili. Per quanto essi sembrino oggi semplici, è importante comprendere che l’adozione sistematica che di essi mise in pratica Stenone portava a conclusioni in grado di rivoluzionare le idee sulla formazione e l’evoluzione della Terra. Basti pensare a quanto è lontana dall’intuizione la presenza di denti di pesci all’interno di rocce, o di fossili marini in alta montagna. In entrambi i casi si giunge a conclusioni di portata assoluta, ossia che sono esistiti moltissimi animali vissuti prima della formazione delle attuali rocce e che i mari i fiumi e i laghi possono cambiare posizione nel tempo.
Stenone enunciò anche, di sfuggita, la prima legge della cristallografia, ovvero il fatto che gli angoli diedri di cristalli dello stesso tipo sono indipendenti dalle dimensioni assolute dei cristalli stessi.
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